Le 10 cose che ho imparato vivendo in Olanda

Le 10 cose che ho imparato vivendo in Olanda

Sono già passati quattro mesi dal mio rientro in Italia. Ho familiarizzato talmente in fretta con la mia nuova vita torinese che a volte quasi mi dimentico di tutto quello che è stato fino a poco fa. Eppure quei tre anni passati ad Amsterdam mi hanno dato talmente tanto che non meritano di finire nel dimenticatoio; ho provato quindi a fare una lista delle 10 cose che ho imparato vivendo in Olanda.

1. Fai domande, non ti vergognare a dire la tua opinione

Per fortuna le cose stanno cambiando anche qua, ma di certo crescere in Italia non è mai stato di grande aiuto per diventare una persona con la propria identità: a scuola eri un fannullone se non ti piaceva anche solo una materia; al lavoro devi seguire regole ben prestabilite, qualsiasi cosa è giusta se “finora abbiamo fatto così ed ha funzionato”, qualsiasi tua proposta verrà quindi scartata finché qualcosa non andrà storto.

Mi ricorderò sempre di quella volta che, dopo pochissimi giorni di tirocinio in un’azienda olandese, quando ancora stavo cercando di capire come funzionasse il mondo, il feedback ricevuto dal capo è stato: “Hai iniziato bene, ma quando ci senti parlare di qualche progetto dovresti dirci cosa ne pensi. Smettila di annuire!”.

2. Il brutto tempo non esiste, esistono solo vestiti sbagliati

Il tempo olandese fa schifo, su questo siamo tutti d’accordo. Devi anche sperare un po’ sulla fortuna: il mio secondo inverno mi sono trovata sotto l’acqua almeno una volta al giorno, tutti i giorni da metà ottobre a febbraio circa. Eppure questo non mi ha fermata dall’utilizzare la bicicletta ogni singolo giorno: una giacca impermeabile, pantaloni di tessuto sintetico che si asciugano in fretta, le giuste scarpe, un cambio di calzini nello zaino per precauzione e ti senti imbattibile.

Tranne quando alla pioggia si aggiungeva il vento forte (e per forte intendo davvero forte, sopra ai 40-50 km/h): in quei giorni abbandonavo la mia bicicletta al primo palo della luce e prendevo il tram. Vento maledetto!

3. Una settimana è sufficientemente lunga sia per lavorare che per goderti la vita

Lavori quaranta ore a settimana? Inizia ad uscire la mattina con lo zaino pieno di provviste, potrai fermarti con gli amici al parco direttamente dopo lavoro e ti dimenticherai addirittura di aver lavorato quel giorno.

È aprile, vedi il sole per la prima volta dopo mesi e ci sono almeno 15 gradi? Prenditi un giorno libero e vai a rilassarti in spiaggia, potrebbe essere l’ultimo giorno di sole della stagione.

Una settimana è fatta di centosessantotto ore: quaranta (più otto circa di spostamenti) le usi per lavorare, cinquantasei per dormire, te ne rimangono sessantaquattro. Sai quante cose puoi fare in così tante ore?

4. Una cultura di lavoro salutare può esistere per davvero

Non voglio farvi credere che in Olanda gli uffici siano pieni di gente sorridente che saltella da una scrivania all’altra, al contrario: il lavoro è lavoro per tutti, gli olandesi semplicemente sono consapevoli che non puoi vivere solo per quello.

Risultato? Se sei stressato ti fanno stare qualche mese a casa in burnout, il giorno della festa di Natale ti fanno smettere di lavorare qualche ora prima, se una cosa non è terminata il venerdì puoi rimandarla a lunedì e andare a berti una birra con i colleghi. Perché tanto non stai salvando il mondo.

5. Le soft skills sono più importanti di quelle hard

Ovviamente non sto parlando di tutte quelle professioni per le quali sono davvero fondamentali le competenze tecniche, per esempio medici ed ingegneri. Certo, mi piacerebbe avere un medico in grado di relazionarsi con me in maniera empatica, ma prima di tutto preferisco un medico che sappia curarmi. In tutti gli altri casi, è proprio vero che le competenze tecniche si imparano strada facendo ma quelle sociali no.

Una volta ad un colloquio mi è stato chiesto di descrivere come mi comporto ai Friday drinks in ufficio (per chi non lo sapesse, in Olanda è usanza fermarsi il venerdì dopo lavoro a bere qualche birra in compagnia dei colleghi). A primo impatto mi è sembrata una domanda strana: io ero lì per dimostrare che sarei stata in grado di fare quel lavoro, non che sono una persona socievole. Ho presto iniziato a lavorare con loro e tutto è diventato chiaro: fino a quel momento non avevo mai visto un team in grado di collaborare così bene; nessuno di noi era perfetto preso singolarmente, ma interagendo nel modo giusto e aiutandoci a vicenda eravamo diventati fortissimi.

6. Nessun problema è un problema, a tutto c’è sempre una soluzione

Quando insorge un problema una sola cosa è certa: non puoi tornare indietro e annullare le azioni che hanno portato a ciò. Quindi, prima di tutto, rilassati: non sei il presidente degli Stati Uniti e il tuo problema non porterà allo scoppio della terza guerra mondiale; esiste sicuramente una soluzione, e la troverai più in fretta se non ti fai prendere dall’ansia.

Se la soluzione non c’è proprio? Allora mi spiace ma è andata così, mettitela via, non ne vale comunque la pena mangiarsi il fegato.

7. Un singolo luogo può essere vissuto in mille maniere diverse, sia da te che dagli altri

Parlando con gli amici conosciuti ad Amsterdam sento sempre storie diverse: c’è chi si trova bene perché può fare festa ogni weekend, chi ha trovato il suo equilibrio grazie alla possibilità di mettersi in proprio, chi adora riuscire a programmare qualsiasi evento con largo anticipo. Alcuni lo vivono come un passaggio, altri come un traguardo, altri ancora come una sofferenza.

Io stessa ad Amsterdam posso dire di aver avuto tre vite diverse, tutte molto diverse tra loro: quella iniziale, durante la quale vedevo l’Olanda come via di fuga quasi da me stessa; una fase intermedia, durante la quale avevo fatto diventare la pallavolo la mia vita; l’ultimo anno, passato nell’attesa di tornare in Italia, durante il quale ho capito che Amsterdam era stata il mezzo per capire me stessa.

Solo ora ho realizzato che sbagliavo: sarei potuta essere ad Amsterdam, a Parigi o a Mosca, quella che cambiava nel tempo ero solamente io.

8. La vera integrazione è – purtroppo – difficile ovunque

Nonostante la meravigliosa cordialità degli olandesi, i loro sorrisi regalati a caso per strada e la loro volontà a parlarti in inglese a tutti i costi, la vera integrazione non esiste nemmeno in un Paese avanzato come i Paesi Bassi: per un expat è molto più difficile trovare casa (e trovarla a prezzi accessibili) e, pur giocando a pallavolo insieme quattro sere a settimana, possono passare mesi prima di ricevere un invito a qualche festa. Puoi trovarti lì da dieci anni ma sarai sempre e comunque “lo straniero”.

Allo stesso tempo, però, gli expat continuano a creare eventi “solo per expat” e gli italiani invitano a cena solo italiani.

9. La vitamina D è fondamentale, specialmente per noi gente mediterranea

Sono sbarcata ad Amsterdam nell’ottobre del 2016, l’inverno era praticamente iniziato e la primavera è arrivata in un attimo. Ma a partire dal secondo anno tutto è cambiato: ogni giorno mi svegliavo con un po’ meno energie del giorno prima, prendevo integratori tutti i giorni ma non cambiava nulla, mi sentivo rallentata e in un perenne stato di trance.

Non c’è nulla da fare: abbiamo bisogno del sole.

10. È sempre il momento giusto per cambiare qualcosa

In Italia siamo abituati a considerare una persona realizzata e in gamba solamente se, una volta terminati gli studi, si trova un lavoro a tempo indeterminato e crea una famiglia. Anzi, puoi saltare la famiglia ma solamente se hai una carriera adeguata e lavori sedici ore al giorno.

Io mi sono sempre sentita sbagliata, fino a quando ho scoperto che esistono altre persone al mondo che la pensano come me: non sei un matto se ti prendi un anno sabbatico a quarant’anni, come se cambi lavoro a cinquanta. Puoi benissimo scoprire una nuova passione a trent’anni o abbandonare un vecchio hobby senza sentirti una nullità. Anzi, portare dei cambiamenti nella tua vita può solo aiutarti a migliorarla e ogni giorno è buono per farlo: finché non sei morto non è troppo tardi.

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